Regionali Veneto 2025: centrodestra diviso, centrosinistra senza nome. Il nostro focus

A sei mesi dal voto, la coalizione di centrodestra litiga sulla candidatura tra Lega e Fratelli d’Italia, con Forza Italia pronta a mediare. Zaia verso il governo, Alberto Stefani in pole. FdI spinge per un proprio nome e prepara il terreno

Laura Berlinghieri, Enrico Ferro
Il presidente del Veneto Luca Zaia a Pontida

La Lega da una parte, Fratelli d’Italia dall’altra. E Forza Italia, nel caso dovesse permanere la distanza tra i due partiti, pronta a garantire il suo appoggio alla forza di governo.

Mancano sei mesi alle elezioni per Palazzo Balbi: a sancirlo, con un parere sollecitato dalla stessa Regione, è stato il Consiglio di Stato. Ma la compagine della maggioranza si presenta ancora come un’alleanza frastagliata, che ragiona per feudi.

C’è la Lega. Forte di 15 anni di governo e di un consenso (allora) plebiscitario. Circostanze che, a suo dire, le darebbero una sorta di “diritto di veto” su altre candidature. Per dirla in altri termini: circostanze che, sempre a suo dire, le consentirebbero di imporre ancora un proprio nome, quasi si trattasse di un affar dinastico.

E poi c’è Fratelli d’Italia. Che conosce la storia del Carroccio, il suo radicamento sul territorio e tutto il resto. Ma, allo stesso tempo, rivendica il suo, di potere. E proprio in Veneto: la Regione nella quale i meloniani hanno registrato il risultato più alto, alle ultime Politiche. E la vanagloria non basta, dicono: è l’ora di concretizzare la teoria. Soprattutto per un partito che, da primo in Italia, è orfano di Regioni amministrate al Nord.

Maggio dovrebbe essere il mese fondamentale per sciogliere ogni nodo. I tre leader di centrodestra si parlano da tempo, anche se le notizie filtrate all’esterno sono poche. E c’è chi freme.

Il parere del Consiglio di Stato è recentissimo, è vero, ma gli spiragli per un verdetto diverso erano davvero pochi. «Si vota in autunno, le leggi si rispettano però i Comuni hanno avuto una proroga di 6 mesi mentre noi no», ha detto ieri il presidente Zaia, lasciando trasparire un po’ di delusione

C’è una versione che circola soprattutto in ambiente leghista. I Fratelli avrebbero accettato la candidatura dei compagni di partito, ma stanno prendendo tempo, per annacquarne una campagna elettorale, comunque priva del “cavallo di razza” Zaia.

Perché, in una coalizione che non teme la sconfitta, la conta dei numeri sarà fondamentale. E un crollo delle preferenze alla lista del presidente – e, quindi, alla Lega – sarebbe ferale. E sarebbe pure un assist ai franchi tiratori. È la versione dei leghisti, smentita invece da FdI, che sbatte il pugno sul tavolo e ricorda il solo assessorato che gli fu concesso cinque anni fa dai leghisti. Un solo assessore e nessun presidente di commissione. Peggio andò solo a Forza Italia.

C’è poi una nuova ipotesi che inizia a circolare e che riguarda proprio il futuro di Zaia, che in ottobre (fatalità in concomitanza con le elezioni) potrebbe prendere il posto di Daniela Santanché come ministro del Turismo. Giorgia Meloni cederebbe così un ministro di peso, in cambio della non belligeranza leghista in Veneto.

Se si passa dall’altra parte dell’aula consiliare, Partito Democratico e forze civiche nelle ultime ore sembrano confluire su nomi di mediazione. Quelli dei vicentini Stefano Fracasso e Riccardo Poletto. Il primo è un uomo di partito, è stato capogruppo del Pd in Consiglio regionale. Ma da tempo è lontano dalla scena politica e quindi potrebbe andare bene anche alle forze civiche. Il secondo è stato l’ultimo sindaco di Bassano del Grappa ed è un civico.

Anche per il centrosinistra il tempo stringe. Soprattutto se, come è vero, l’intenzione della coalizione è quella di battere il centrodestra, almeno sulla presentazione del nome. Il tempo, allora. I cinque anni di durata in carica di Consiglio e Giunta regionale scadranno il 20 settembre.

Quindi, il giorno successivo scatteranno i 60 giorni per l’indizione delle elezioni, che dovranno tenersi entro domenica 23 novembre, con convocazione che dovrà avvenire con almeno 50 giorni d’anticipo. C’è tempo, sì, ma nemmeno così tanto.

Fdi

Hanno lasciato i cugini di coalizione parlare di "linea del Piave" e di corse solitarie ma sono rimasti in silenzio solo per non alimentare polemiche. «Non vale certo il silenzio assenso», spiega una fonte qualificata interna al partito.

Luca De Carlo

I Fratelli d'Italia in Veneto sono carichi a pallettoni e soprattutto sono pronti a fare qualsiasi cosa pur esprimere il candidato governatore. E c'è anche una data che scandirà questo cammino verso la scelta del candidato: il 20 maggio prossimo, un martedì. Quel giorno la premier Giorgia Meloni sarà a Venezia al Festival delle Regioni.

Sarà l'occasione buona per fare il punto con i colonnelli del suo partito in Veneto, fermo restano che invece i contatti nell'ambito del tavolo nazionale inizieranno molto prima del 20 maggio. Ora che le incognite legate a terzo mandato e data delle elezioni sono superate, resta solo da stabilire quale sarà la forza che dovrà esprimere il candidato presidente.

I Fratelli veneti sono molto determinati, perché fiutano il momento storico, la svolta, così come fu quando ci fu il passaggio da Forza Italia alla Lega. I risultati raccolti alle politiche e alle europee fissato il consenso a una quota che oscilla tra il 35 e il 37%.

Quanto ai nomi, in pole position ci sono quelli di Luca De Carlo e Raffaele Speranzon. Il primo è senatore e i segretario regionale del partito, con un passato da amministratore locale, come sindaco di Calalzo di Cadore. È una figura di riferimento per Giorgia Meloni. Lo è anche Raffaele Speranzon, anche lui senatore legato da un rapporto personale con la premier. Ma pure il nome di Elena Donazzan continua ad aleggiare.

Una cosa è certa, i veneti di FdI faranno di tutto per trasferire a Roma la loro voglia di prendere finalmente le redini della regione dopo anni di vassallaggio. «Altro che cedere il Veneto alla Lega, adesso è il nostro momento», ripetono.

E.Fer.

Lega

I nomi che si erano avvicendati nelle ultime settimane? Fuochi fatui. Il capogruppo della Lega in Consiglio regionale Alberto Villanova, la vicepresidente della Regione Elisa De Berti, la segretaria del Senato Erika Stefani.

 

Alberto Stefani
Da sinistra, Luca Zaia, Alberto Stefani, Matteo Salvini e Roberto Calderoli I duemila militanti riuniti in Fiera a Padova per il pre congresso leghista Il segretario regionale della Lega e vice federale Alberto Stefani

La Lega che punta tutto sul Veneto convoglia le sue forze su Alberto Stefani, il 32enne segretario regionale del partito. Consapevole com'è della centralità della partita: perdere il Veneto, per il Carroccio, significherebbe perdere l'identità, perdere la faccia. E, nella prospettiva di future elezioni, gettare al macero il suo – sempre più scarno – bottino di voti.

Negli ultimi mesi, il segretario Stefani è stato impegnato in continui incontri per costruire la "squadra", a partire da quella che già siede in Consiglio regionale, e che necessariamente dovrà subire una "cura dimagrante". Non a caso, si sono già viste le prima partenze dal partito con direzione Fratelli d'Italia e Forza Italia; anche se per adesso i numeri sono stati decisamente limitati, rispetto all'esodo che era stato pronosticato.

In ogni caso, al di là della squadra, conta il nome. Anzi, prima, conta la candidatura. Stando ai leghisti, la partita sembra praticamente conclusa. «Il Veneto? Questione chiarita. Credo debba rimanere e alla Lega e credo che rimarrà alla Lega» l'ultima battuta di Attilio Fontana, presidente della Lombardia.

E, smarrita ogni speranza per uno Zaia-quater, l'unico nome rimasto è quello di Alberto Stefani. Si vocifera pure di una sua investitura, ma sono passati mesi, direttamente dal segretario Matteo Salvini.

Il profilo: è uomo di partito, giovane, ha seguito la partita dell'autonomia da relatore del ddl alla Camera, ha esperienza da amministratore. I meloniani gli avrebbero preferito un nome dal legame più tenue con il partito, ma alla fine si sarebbero convinti pure loro. Così, in casa Lega. Ma l'ufficialità dell'accordo ancora non c'è.

L.B.

Forza Italia

Dopo la cura ricostituente di Flavio Tosi, Forza Italia si prepara alla prossima tornata elettorale con l'obiettivo di ritornare protagonista della politica e dell'amministrazione regionale. Dopo gli anni dello strapotere di Galan la presenza del partito fondato da Silvio Berlusconi è via-via sfumato, fino a lasciare tutti gli spazi alla Lega.

Flavio Tosi
Flavio Tosi durante una conferenza stampa nella sede di Forza Italia, Roma, 15 giugno 2022. ANSA / ETTORE FERRARI

E dopo le elezioni del 2020 Luca Zaia ha chiuso le porte della sua giunta agli azzurri. Nessun assessore e nessuna presidenza di commissione. Niente di niente. Questo è un elemento che inciderà, in qualche modo, nelle trattative che il segretario Antonio Tajani porterà avanti in sede di tavolo nazionale.

Il leader forzista l'ha detto più volte: per lui il candidato ideale per la presidenza del veneto è Flavio Tosi. L'ex sindaco di Verona ha già calcato Palazzo Balbi come assessore alla Sanità ma sarebbe sicuramente pronto a tornare, anche con più responsabilità.

«Le polemiche locali restano locali ma la decisione la prendono i vertici nazionali», ripete Tosi allo sfinimento, dicendo di non credere all'ipotesi che la Lega possa staccarsi dalla coalizione per andare da sola.

Una cosa è certa, se nel centrodestra veneto esiste un asse è senza ombra di dubbio quello tra Fratelli d'Italia e Forza Italia. O meglio, in un gioco a tre se alleanza deve esserci è certamente tra queste due forze, che poco hanno avuto durante questi anni di strapotere di Luca Zaia e della Lega. Anche questo potrebbe incidere, in quella che sarà la scelta finale per il candidato.

Dal canto suo, Tosi risponde da soldato: «Io sono a disposizione del partito e dei leader nazionali. Quello che decideranno per me andrà bene». Nella speranza che tra i due litiganti..

E.Fer

A sinistra

Il borsino settimanale dei nomi del centrosinistra, per uno schema che ricorda molto il disastro delle ultime regionali. A quanto visto fino a questo momento, sembra che il campo progressista non abbia imparato nulla dalla batosta del 2020, quando il povero Arturo Lorenzoni, semisconosciuto nella maggior parte del Veneto, venne sacrificato sull'altare di Luca Zaia. Cinque anni sono trascorsi ma le dinamiche sembrano le stesse. E così, a sei mesi dal voto, ancora non c'è un candidato presidente per Pd e forze di centrosinistra. Si fanno alcuni nomi però, questo sì.

Andrea Martella
Andrea Martella (Pd)

Antonella Viola ha già rifiutato a favor di social network, il trevigiano Aldo Serena ha fatto lo stesso e pure l'ex sindaco di Vicenza e sottosegretario Achille Variati ha detto "no grazie". È bene ricordare anche che il senatore del Pd Andrea Crisanti, circa un anno fa, aveva espresso la sua disponibilità alla candidatura.

E si era detto disponibile anche a pagarsi tutta la campagna elettorale. Ma la sua apertura non è mai stata considerata dai vertici regionali del partito.

In questi ultimi giorni sono emersi altri due nomi. Uno è quello di Stefano Fracasso, ex capogruppo del Pd in consiglio regionale, vicentino. Si faceva il suo nome anche quando scelsero Lorenzoni e si fa anche stavolta. Potrebbe essere gradito ai movimenti civici per la sua spinta ambientalista. L'altro nome emerso è quello di Riccardo Poletto, l'ultimo sindaco di centrosinistra di Bassano del Grappa. È un civico, fa il professore di Religione.

Resta sempre in corsa Vanessa Camani, capogruppo dem in consiglio regionale. Il problema è che le forze civiche che completano la coalizione non vorrebbero un esponente di partito. Chiedono qualcuno che rappresenti tutte e tutti, in alternativa proponevano le primarie. Ora però per le primarie non c'è più tempo. Il segretario regionale del Pd Andrea Martella sta conducendo le trattative. Dall'interno c'è chi critica il fatto che non sia stata fatta un'analisi sugli errori commessi la scorsa volta.

E.Fer.

 

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