Il lungo viaggio del lupo Andrea: 1.300 chilometri fino all’Austria, passando vicino ai centri urbani
Monitorato con radiocollare, ha lasciato il branco e attraversato montagne partendo dal Cansiglio. Ora si studia il suo impatto su fauna, allevamenti e presenza umana: numerosi i passaggi di esemplari simili dal Veneto e dai Balcani

Catturato lo scorso 31 ottobre a Polcenigo, il lupo Andrea è arrivato in Austria. Nei giorni scorsi ha oltrepassato il confine di Stato e ha raggiunto la Carinzia dove si trova tutt'ora. È a circa 100 chilometri in linea d'aria dal luogo della cattura che dovrebbe insistere nell'area dove è nato. Questa è l'ultima tappa registrata dal radiocollare dell'animale che già da qualche tempo ha abbandonato il branco per intraprendere lunghi spostamenti che l'hanno già condotto nel parco delle Prealpi Giulie.
Agli inizi di marzo Andrea è entrato nella val Venzonassa e nella zona di Resia, dove però non si è sentito al sicuro ed è tornato sui suo passi ripercorrendo a ritroso lo stesso tracciato. Dopo aver stazionato nella zona del medio Tagliamento, la scorsa settimana l'animale ha ripreso il cammino spingendosi verso la val Aupa (Moggio Udinese) prima di sconfinare in Austria.

In cinque mesi, Andrea ha percorso oltre 1.300 chilometri, da sei a 10 al giorno. L'ha fatto inviando, attraverso il radiocollare, dati geolocalizzati al gruppo di ricerca sulla fauna selvatica del Dipartimento di scienze agro-alimentari, ambientali ed animali dell'università di Udine, coordinato dal ricercatore Stefano Filacorda.
II gruppo è impegnato nel tracciamento e nello studio degli spostamenti del lupo per prevenire possibili attacchi agli animali domestici. Un'attività che ha portato gli studiosi a contattare e quindi a condividere le informazioni con il Land di Carinzia. Il loro obiettivo è capire se la presenza del lupo va a interferire con alcune attività della zona e soprattutto se Andrea, componente del branco che nel Pordenonese preda i cani domestici, reitera le predazioni.
Il monitoraggio, ci consentirà di capire anche se Andrea modificherà il suo comportamento diventando più schivo, soprattutto se con il trascorrere del tempo stazionerà in zone più selvagge
In questo modo gli esperti affinano le conoscenze su una specie sempre più numerosa in regione, rappresentata da da otto branchi, alcune coppie e individui isolati. Complessivamente si arriva a circa una settantina di esemplari anche se i numeri, secondo gli studiosi, possono essere sottostimati.
La cattura di Andrea
Andrea è il primo lupo in Friuli Venezia Giulia a essere stato dotato di collare satellitare e radio attraverso il quale i ricercatori ricevono, non in tempo reale, le informazioni. Nato nella primavera del 2024, ha circa un anno di vita e ha superato i 30 chili di peso corporeo. Era un componente del branco che nel Pordenonese continua, seppur meno frequentemente rispetto al passato, a predare cani domestici di piccola e media taglia.

«Questo è il motivo per cui la Regione ci ha chiesto di catturare almeno un individuo. La mattina del 31 ottobre scorso l'abbiamo fatto e da allora stiamo analizzando le localizzazioni andando a verificare i punti nelle zone selvagge soprattutto in Cansiglio» spiega Filacorda, il ricercatore dell'ateneo friulano con un'esperienza scientifica maturata anche attraverso undici catture di orso, a cui si aggiungono quelle dello sciacallo dorato e della lince. A breve, tale attività, svolta in collaborazione con il corpo forestale regionale e il Servizio biodiversità del Friuli Venezia Giulia, sarà illustrata in un convegno mondiale sul lupo in Olanda, assieme alla mappa degli spostamenti di Andrea.
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Via dal branco
«Lo scorso 1 marzo Andrea ha lasciato fratelli e sorelle e ha iniziato a spostarsi lungo la linea del Tagliamento. Fino a quella data era rimasto nella zona della cattura tra Polcenigo e Fontanafredda, tant'è che ci è capitato spesso di dover andare a verificare i punti in Cansiglio perché ci davano zone selvagge. Lo stesso è accaduto in alcune aziende agricole dove era stato notato l'animale. Non escludiamo - aggiunge Filacorda - che in quel periodo Andrea possa aver predato, assieme agli altri componenti del branco, ancora qualche cane».

Rispetto alla scorsa estate, però, il calo delle predazione di cani domestici è evidente e anche su questo dato gli esperti cercano risposte. Seguendo le orme del lupo con il collare, il gruppo di ricerca ha unito i punti e definito il tracciato che ha visto Andrea addentrarsi in quello che Filacorda definisce «un fenomeno di dispersione. Inizialmente – prosegue il ricercatore -, dopo avere abbandonato il branco, il lupo ha percorso 78 chilometri per arrivare nel cuore delle Prealpi Giulie, attraversando zone antropizzate, tra cui Gemona e alcune frazioni di Venzone». I ricercatori monitorano tutti i comportamenti conseguenti a un diverso rapporto dell'animale con l'ambiente urbano. Andrea ha dormito a fianco delle linea ferroviaria prima di raggiungere - era l'8 marzo - il parco.
«In una settimana ha percorso quasi 80 chilometri - continua il ricercatore - è salito sul monte Chiampon per poi scendere ed entrare nella valle Venzonassa». Nell'andare alla scoperta dei luoghi, l'animale è passato a ridosso di centri abitanti e pure questo dato merita un approfondimento per capire - sono sempre le parole di Filacorda - «se è andato e se va a interferire con alcune attività umane e, soprattutto, se reitera le predazioni. Alcuni segni di predazioni di uccelli sono stati rinvenuti lungo la ciclabile tra Carnia e Resiutta».
I comportamenti dell’uomo
In presenza di animali selvatici anche l'uomo deve imparare a convivere con loro. La prima raccomandazione che Filacorda si sente di fare soprattutto agli amanti della passeggiata, è quella di tenere i cani al guinzaglio per evitare possibili incontri con i lupi. Lo stesso vale nelle ore notturne quando «gli animali domestici vanno sempre alloggiati in luoghi chiusi perché, a partire dall'alta pianura, l'iterazione con il lupo può sempre avvenire». I tracciati seguiti da Andrea rivelano ai ricercatori dell'università friulana i frequenti passaggi da zone selvagge ad aree antropizzate del lupo. Questo significa che Andrea «ha imparato a vivere assieme all'uomo».
Filacorda lo ripete per dire che la presenza del lupo è stata documentata fino a Codroipo e oltre i confini regionali a ridosso di Bibione. Il punto di riferimento di Andrea è sempre il fiume Tagliamento che ha seguito anche per riprendere la via della montagna e arrivare nella val Aupa e proseguire fino alla valle della Gail dove è ora. Passando da un comune all'altro, gli esperti non escludono che un cane sia rimasto vittima di predazione nella zona di Valeriano. Ecco perché rinnovano l'invito a tenere i cani al guinzaglio.
L'accoppiamento
Non è escluso che Andrea sia alla ricerca di un luogo adatto dove insediarsi per formare un gruppo familiare. «A Resia sappiamo che ci sono altri esemplari e l'incontro con un maschio potrebbe essere stato determinante per convincerlo a tornare indietro e a imboccare la via che l'ha condotto in Austria», precisa il ricercatore, secondo il quale «l'animale sta cercando di insediarsi in un luogo dove non va in conflitto con altri lupi. Nel percorso verso l'Austria sicuramente ha incontrato altri branchi e coppie lungo la val Aupa e la Pontebbana».
Il comportamento dell'animale
La presenza del lupo nelle Alpi è diffusa e le lotte tra diversi esemplari possono anche portarli alla morte. Avere a disposizioni i dati satellitari consente ai ricercatori di capire come e perché il lupo cambia comportamento anche rispetto al suo habitat abituale. Trattandosi di un animale che generalmente tende a restare lontano dalle zone abitate, gli studiosi cercano le ragioni che spingono Andrea ad avvicinarsi alle case. Alle volte è proprio l'uomo a rendere confidente il lupo lasciando, consapevolmente o inconsapevolmente, resti di cibo all'esterno delle abitazioni. I bidoni con la parte umida dei rifiuti si trasformano spesso in esche per far avvicinare gli animali selvatici ai centri urbani.

«Il percorso seguito da Andrea ci conferma che il lupo passa, spesso senza essere notato, tra le case e quindi in presenza di fonti alimentari potrebbe mangiarle». Filacorda lo sottolinea per raccomandare una diversa gestione dei rifiuti. Lo stesso vale per i pastori durante la transumanza, quando lasciano sul terreno resti di animali morti che possono indurre i lupi a seguire le greggi.
«Per far sì che l'animale mantenga la naturale diffidenza verso l'uomo - raccomandano pure al Servizio biodiversità del Friuli Venezia Giulia - è fondamentale non abbandonare o gettare residui di cibo in concimaie, non lasciare all'esterno della propria casa crocchette per animali o umido, non alimentare ungulati e animali selvatici (potenziali prede), tenere il cane al guinzaglio mentre si passeggia all'aria aperta e nelle ore notturne ricoverare al sicuro gli animali di affezione, soprattutto se il giardino non è adeguatamente recintato. E se avvistate branchi contattate sempre la locale Stazione forestale».
Il monitoraggio dei branchi
In Friuli Venezia Giulia sono presenti almeno otto branchi e alcune coppie di lupi. «Il branco "storico” è quello del Cansiglio anche perché si è già riprodotto come pure la coppia di Polcenigo» spiega Filacorda non senza citare i due branchi di lupi che hanno lasciato le loro tracce nelle valli Cimoliana e Tramontina. Spostandosi in provincia di Udine, Filacorda menziona il branco dell'Alta val Tagliamento il cui campo di azione arriva fino a Sauris e in val Pesarina, e quello della val Degano. A questi vanno aggiunte coppie di lupi documentate a Polcenigo, tra Ampezzo e Socchieve, a Pontebba e a Tarvisio.

«Stiamo andando verso una saturazione», aggiunge il ricercatore, snocciolando numeri in difetto visto che sono ormai costanti gli arrivi da ovest e dai Balcani, ma anche e soprattutto di individui in dispersione da numerosi branchi del Veneto. L'aumento degli esemplari richiede una gestione più attenta per evitare che la presenza del lupo o di altri animali salvatici si intersechi con quella dell'uomo. Tutto questo diventa improcrastinabile nel momento in cui, parallelamente all'incremento della fauna selvaggia, si ripetono i casi di bracconaggio con l'uso di bocconi avvelenati che, inevitabilmente, mettono a rischio anche gli animali domestici. «Stanno andando di mezzo un sacco di cani - conferma Filacorda si tratta di atti vili penalmente perseguibili. La situazione sta diventando pesante, è un po' la conseguenza della mancanza di scelte gestionali».
Il suggerimento di Filacorda è chiarissimo: una gestione regolamentata della fauna selvatica consente di evitare possibili contatti tra animali e uomo e contribuisce a ridurre l'attività di bracconaggio. Questo non si traduce in una mancanza di rispetto nei confronti degli animali, bensì in una forma di tutela nei loro habitat abituali. «Nel momento in cui, attraverso i piani di controllo, vengono applicate le regole - avverte il ricercatore -, il bracconaggio diminuisce. Lo si è visto in tutti i Paesi che hanno adottato questa linea. II mondo ci insegna che se fai solo stretta protezione il bracconaggio aumenta».
Attacchi e predazioni
Ribadito che il lupo non attacca l'uomo, va anche detto che i morsi da lupo non sono più una rarità soprattutto nel sud Italia. «A livello nazionale abbiamo registrato meno di 20 casi di cui oltre la metà attribuibili a una singola lupa a Vasto» conferma Filacorda, prima di descrivere la dinamica che troppo spesso deriva da una non adeguata gestione dei cani. «Se il cane è libero e viene inseguito da un lupo, tende a rifugiarsi tra le gambe del padrone. È in quella situazione che l'uomo rischia di prendersi una morsicata dal lupo. Queste non sono morsicate da aggressione, bensì da rissa con i cani».

Minor protezione e piani di abbattimento
Sulla carta il lupo è già stato declassato da specie "rigorosamente protetta" a "protetta” dal Comitato permanente della Convenzione di Berna. Nella realtà, invece, senza il recepimento di tale modifica nella direttiva europea Habitat e nella legge nazionale che adotta la stessa direttiva, il declassamento non potrà essere attuato,
La Commissione Ue ha già avanzato la proposta e il prossimo 8 maggio il documento sarà sottoposto al voto del Parlamento europeo. Se l'esito sarà favorevole la protezione del lupo introdotta nel 1982 scenderà di livello, consentendo agli Stati membri di adottare piani di abbattimento annuali senza ricorrere all'attività venatoria che resterà vietata. Recentemente l'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) ha presentato alle Regioni un piano di abbattimento che, nella realtà, spiegano al Servizio biodiversità della regione Friuli Venezia Giulia, cambierà poco.

«Tra il declassamento e l'iniziativa dell'Ispra è stata fatta un po' di confusione - spiegano gli esperti -, i lupi sono prelevabili in base a quanto previsto dall'articolo 16 della direttiva 92/43/Cee Habitat e dall'articolo 11 del Dpr 357/97, lo stesso che autorizza i prelievi in deroga per prevenire gravi danni all'allevamento.
I prelievi sono ammessi anche nell'interesse della sanità e della sicurezza pubblica, per motivi di natura sociale o economica, per finalità didattiche e di ricerca a condizione che non pregiudichino il mantenimento delle popolazioni e non esista un'altra soluzione valida come i sistemi di prevenzione dotati di reti elettrificate e cani da guardiania».
Tant'è che l'ultimo piano di abbattimento autorizzato dall'Ispra, a fronte di 3.253 esemplari di lupi presenti in Italia – 952 nelle zone alpine e 2.557 nelle Appenniniche - prevede il prelievo di una percentuale che oscilla tra il 3 il 5 per cento. In Friuli Venezia Giulia si concretizzerà in uno o due capi.
Gli interventi della Regione
La ricomparsa degli animali selvatici costringe la Regione a intervenire con aiuti finalizzati a ridurre i danni a chi li ha subiti. Lo scorso anno sono state accolte 31 domande di contributo avanzate per lo più (21) da aziende per l'acquisto di cani da guardiania e per l'installazione di recinti elettrificati a difesa degli allevamenti finiti nel mirino degli animali selvatici.
L'importo ammonta a 50 mila euro, nel triennio precedente non raggiungeva 40 mila euro. A tutto ciò vanno aggiunti gli indennizzi riconosciuti a 45 allevatori a cui, nel 95 per cento dei casi, sono stati predati ovini e caprini. Il restante 5 per cento, per la prima volta, riguarda la predazione di cani d'affezione e da caccia avvenute nella zona montana occidentale, nella Pedemontana pordenonese fino alla Carnia.
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