Terrorismo anarchico, 17 arresti di cui due trevigiani
Gli arresti a Trento. Nel covo nel bosco stampavano documenti falsi e parlavano attraverso i pizzini, per paura delle microspie. E se anche gli ordigni esplosivi che hanno piazzato negli ultimi due anni non hanno provocato vittime, erano comunque pronti ad uccidere pur di realizzare il loro progetto: sovvertire l'ordine democratico

TREVISO. Nel covo nel bosco stampavano documenti falsi e parlavano attraverso i pizzini, per paura delle microspie. E se anche gli ordigni esplosivi che hanno piazzato negli ultimi due anni non hanno provocato vittime, erano comunque pronti ad uccidere pur di realizzare il loro progetto: sovvertire l'ordine democratico. Erano pienamente operativi i 7 anarco-insurrezionalisti arrestati al termine di un blitz di Ros e Antiterrorismo tra
Trento e Rovereto, città storicamente culla dell'anarchismo più duro. In carcere sono finiti Luca Dolce, Roberto Bottamedi, Giulio Berdusco (di Treviso), Agnese Trentin (di Castelfranco), Andrea Parolari e Nicola Briganti mentre per Marie Antonia Sacha Beranek il gip di Trento Marco La Ganga ha disposto i domiciliari.
Pesanti le accuse: associazione con finalità di terrorismo, possesso e fabbricazione di documenti falsi, fabbricazione, detenzione e porto d'armi ed esplosivi, atti di terrorismo con ordigni micidiali o esplosivi, incendio e danneggiamento di sistemi informatici o telematici. Secondo gli investigatori sono loro i responsabili di una serie di attentati esplosivi: da quello alla facoltà di Matematica dell'Università di
Trento a quelli alle auto della polizia locale, da quello ad alcuni tralicci della 'Spa Tower' a Rovereto fino a quelli alla filiale Unicredit e all'agenzia interinale 'Randstad', sempre a Rovereto. E ci sarebbero sempre loro dietro all'attentato alla sede della Lega di Ala lo scorso 13 ottobre, il giorno in cui sarebbe dovuto arrivare il ministro dell'Interno Matteo Salvini.
«Si muovevano in una logica insurrezionale - ha sintetizzato il procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo Federico Cafiero De Raho - con un unico obiettivo, fare la rivoluzione con atti violenti». L'indagine è partita nel 2016 con intercettazioni e, soprattutto, pedinamenti. Gli investigatori hanno così accertato che la cellula, che aveva contatti con anarchici svizzeri, greci e spagnoli, era strutturata su due livelli: ce ne era una pubblico, «di facciata» dice il Gip, che agiva fondamentalmente nelle manifestazioni di piazza e nella produzione di documenti. E ce ne era uno «occulto e segreto», quello caratterizzato da una «acquisita capacità di elusione dei controlli» di chi ne faceva parte, finalizzato «a eseguire e minacciare azioni terroristiche».
Il 'covò della cellula era in una casa isolata a Bosco di Civezzano, un paesino in provincia di Trento. È qui che Dolce e Trentin, «con un lavoro minuzioso», realizzavano documenti falsi (uno di questi è stato trovato in possesso di un anarchico foggiano arrestato a Patrasso) ed è qui che si decidevano le azioni. Con una modalità, dicono gli investigatori, che ricorda quella della mafia: l'utilizzo di strumenti per rilevare microspie ma soprattutto di pizzini. Gli indagati, scrive il Gip, «evitavano di parlare in spazi chiusi di argomenti che possono dimostrare gli scopi illeciti dell'organizzazione, ricorrendo a comunicazioni scritte con i relativi fogli successivamente all'utilizzo distrutti». Il 29 settembre del 2017 però le regole di sicurezza nella casa di Civezzano forse saltano e gli investigatori li sentono prospettare il 'salto di qualità'. «Scusa ma non ho capito - dice uno dei presenti - ma qual è la prospettiva se no, cioè non ho capito... come pensi di fare la rivoluzione? Senza ammazzare nessuno?».
Riproduzione riservata © Tribuna di Treviso
Leggi anche
Video