Sigilli in Calmaggiore: a processo la titolare
Sventata «truffa», alla donna sequestrati anche beni per 120 mila euro

E' in trappola la regina delle truffe. Emilia Tripoli, oggi trentunenne, a 25 anni aveva già quattro fogli di via firmati dai questori Gorizia, Gradisca, Venezia e Udine. Da sempre pare aver avuto il vizietto di mettersi nei guai. Diverse e variopinte le professioni che afferma di aver fatto, perfino l'avvocato cassazionista. Ma la polizia giudiziaria aveva messo la parola fine alle sue scorribande quando nel 2007 aveva aperto un negozio di bigiotteria in via Calmaggiore 10/3. Qui, in seguito al riscontro di alcune differenze d'incasso, gli agenti sono andati a mettergli i sigilli al negozio, sequestrando merce per oltre 120.000 euro. Secondo gli inquirenti, coordinati dal sostituto procuratore Valeria Sanzari, la donna, originaria di Pagnacco in provincia di Udine, stava per mettere a segno l'ennesimo colpo. Stava infatti andando dal notaio per creare una nuova società, con l'obiettivo di svuotare dei beni il negozio in Calmaggiore. I fatti risalgono al 2007. Ma Emilia Tripoli aveva già fatto parlare di se in diverse province italiane. Pare infatti che avesse il vizio di inventarsi molte cose, tra queste il fatto di aver praticato diversi mestieri. Come conseguenza aveva rimediato il foglio di via (ossia la dichiarazione di persona «non gradita» in un Comune) dai questori di Gorizia, Venezia, Gradisca e Udine. Nel 2007, dopo aver lavorato per qualche mese nella sede della ditta «I am Dudu», ha aperto un negozio di bigiotteria di qualità in franchising in Calmaggiore, «Dudu B. you». Qui ha assunto anche due dipendenti, acquistato un paio di piante per 2.000 euro per abbellire il negozio. E infine anche un cane Pincher per oltre 1.500 euro. Il tutto però senza pagare un euro, almeno secondo gli inquirenti. Alla fine è dovuta intervenire la polizia giudiziaria a sequestrare tutto: beni per oltre 120.000 euro. E ieri la donna è finita a processo in tribunale a Treviso. Ma non è la prima volta che Emilia Tripoli è entrata in un'aula di tribunale. Già nel 2008 era stata processata perché, per ottenere il nome di una persona, aveva contattato la segreteria studenti dell'università di Trieste e chiesto che le fosse rilasciato l'elenco di tutti i laureati in quell'ateneo. E per essere più convincente, si era spacciata per un giudice per le indagini preliminari del tribunale di Gorizia, reiterando poi la richiesta con l'invio di un fax che in copertina riportava la falsa intestazione della Procura di Gorizia. Ma neppure questo era bastato a convincere la segretaria dell'ateneo che aveva voluto verificare l'effettiva esistenza di un giudice con quel nome. Di Emilia Tripoli, però, nessuno aveva mai sentito parlare. Almeno fino a quel momento (era il gennaio scorso), visto che non più tardi di quattro mesi prima la giovane era stata condannata a due anni e quattro mesi dal tribunale di Udine per episodi simili. Le accuse: falsità materiale in atti pubblici commessa da privato e sostituzione di persona. In quella occasione era stata condannata a otto mesi. (g.b.)
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