«Remigio, il mio procione sequestrato con un blitz come fossimo terroristi»

il caso
Ormai da una settimana Remigio, il simpatico procione dell’opitergino Roberto Dametto si trova a Modena ospite forzato del Centro Fauna Selvatica “Il Pettirosso”. Il proprietario – un imprenditore del settore movimentazione terra che lavora in ambito internazionale – con tutta la sua famiglia hanno vissuto nel peggiore dei modi il trasferimento dell’animaletto dalla loro abitazione di San Stino di Livenza alla città emiliana. «I carabinieri del nucleo Forestale», spiega amareggiato Roberto Dametto, «hanno compiuto, autorizzati dal giudice per le indagini preliminari di Pordenone, un vero e proprio blitz nella mia residenza. Non trovandoci in casa, i militari hanno scavalcato la recinzione, forzato il lucchetto della grande gabbia dove si trovava Remigio e, con l’aiuto di un veterinario, dopo averlo narcotizzato, lo hanno caricato in un furgone con il quale lo hanno portato a Modena». Un’azione che l’imprenditore opitergino ritiene assolutamente esagerata. «Interventi del genere», sottolinea, «vengono fatti dalle teste di cuoio in presenza di terroristi o di pericolosi criminali. Non me lo aspettavo proprio, tanto più che il pubblico ministero competente ci aveva comunicato che sarei stato preventivamente informato su giorno ed ora del prelevamento di Remigio».
Il motivo di tutto ciò?
«Forze dell’ordine e magistratura sostengono che una normativa europea, recepita dall’Italia, vieterebbe la detenzione dei procioni perché animali pericolosi per l’uomo, in quanto potenzialmente trasmettitori di alcune malattie».
Eppure la sua famiglia ospitava Remigio nel proprio giardino da più di tre anni, da quando era ancora cucciolo. Come ve lo eravate procurato?
«Me lo aveva donato un dipendente rumeno. Il procione è animale importato dal Canada e in Europa si è diffuso scappando da alcuni allevamenti. Ci sono colonie libere di orsetti lavatori in varie zone del continente, come la Toscana e la Romania».
Quindi la sua famiglia si trovava bene con questo animale esotico. Avevate trovato un equilibrio.
«Sì, stavamo tutti benissimo, noi e anche il procione; ci eravamo affezionati reciprocamente a tal punto che l’orsetto lavatore si faceva accarezzare tranquillamente da mia moglie Lucia».
E dopo cosa è successo?
«Questo luglio ho avuto la pessima idea di aderire a un’iniziativa del ministero dell’Ambiente ed ho fatto la domanda per regolarizzare la presenza del procione nel mio giardino. Alla fine ho fatto un autogol».
E adesso?
«Siamo molto amareggiati e dispiaciuti. Peggio di così non poteva andare».
Ma dal punto di vista giudiziario?
«Su mia disposizione l’avvocato Alvise Tommaseo di Ponte di Piave ha depositato l’opposizione al decreto penale con cui il Tribunale di Pordenone mi ha condannato al pagamento di 750 euro di ammenda, disponendo anche la confisca di Remigio. Nel testo il legale, innanzitutto, ha sottolineato l’assoluta buona fede mia e della mia famiglia: in pratica ci siamo autodenunciati. In secondo luogo l’avvocato ha ribadito che io detengo un esemplare di specie esotico, assimilata a un animale da compagnia e per di più per scopi non commerciali. Inoltre, al momento della domanda, avevo rispettato tutte le condizioni previste dal regolamento europeo: ospitavo Remigio da più di tre anni in una spaziosa gabbia rigorosamente chiusa e non lo avevo mai fatto accoppiare».
Se fosse effettivamente così, secondo la tesi difensiva del legale, il procione potrebbe rimanere a casa dei Dametto fin che vivrà. A decidere sarà comunque il tribunale penale di Pordenone al termine di un processo che si terrà, molto probabilmente, nella primavera del 2020. —
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