La denuncia dell’ex operaio della Sole di Oderzo: «Sono pagato per restare a casa»

Treviso. Licenziato nel 2014, reintegrato tre anni dopo dal giudice ma ora l’azienda non lo vuole in fabbrica Il dipendente era Rsu, il sindacato Uil presenta una denuncia per comportamento antisindacale
ALLEGRANZI ODERZO MANIFESTAZIONE OPERAI DELLA DITTA SOLE
ALLEGRANZI ODERZO MANIFESTAZIONE OPERAI DELLA DITTA SOLE

ODERZO. Essere pagati per restare a casa è forse il sogno di molti lavoratori. Ma essere pagati per restare a casa perché la propria ditta ha fatto capire di non gradire la tua presenza ha qualcosa di umiliante. Questo è toccato a Franco Zacchi, rappresentante sindacale Uil in seno alla Sole di Oderzo.

Zacchi era stato licenziato nel 2014 per una presunta violazione di un permesso sindacale: richiedendolo aveva compilato un modulo sbagliato ed era stato poi pedinato da un investigatore privato. Il tribunale di Venezia aveva annullato il licenziamento e aveva disposto l’immediato reintegro dell’operaio, dopo tre anni dal licenziamento. «Ma dal luglio scorso sono pagato per restare a casa», è la sua denuncia, «mi sento come fossi agli arresti domiciliari».

Zacchi ha ricevuto dall’azienda ogni stipendio e persino il cesto natalizio, ma di rimettere piede nella fabbrica opitergina per il momento non se ne parla. «A Natale li ho ringraziati per il cesto, ma poi non li ho più sentiti», conferma l’operaio oggi 56enne, sposato, tre figli. «Certo, ho lo stipendio assicurato dopo tre anni nei quali ho dovuto fare senza, ma a 56 anni ho tanta voglia di lavorare per l’azienda e per il sindacato. Alla Sole ci sarebbero tante cose da sistemare, ma è frustrante sapere che il mio rientro è solo nelle loro mani».

In aprile si terranno anche le nuove elezioni dei rappresentanti sindacali, alle quali probabilmente Zacchi si candiderà pur non potendo mettere piede all’interno dello stabilimento opitergino. E sempre in aprile, il 4, si svolgerà a Treviso la prima udienza del processo che vede contrapposte Uil e Sole, con i metalmeccanici trevigiani che hanno denunciato l’azienda per violazione dell’articolo 28 dello Statuto dei lavoratori in seguito al licenziamento di Zacchi, nel 2014: l’accusa ipotizzata è quella di attività antisindacale.

Ma non c’è nulla di illegittimo nella decisione dell’azienda di pagare Zacchi perché non entri nei propri stabilimenti. Casi simili sono avvenuti anche nella fabbrica Fca di Pomigliano d’Arco, dove cinque operai erano stati reintegrati dal giudice ma non avevano mai messo piede nello stabilimento. Proprio come successo a Zacchi. In Italia non c’è una posizione chiara sulla questione: «Secondo noi hanno il dovere di reintegrarlo, ma ci sono sentenze che danno pareri contrastanti», conferma Stefano Bragagnolo, segretario della Uilm trevigiana, «Noi non chiediamo di farlo tornare a lavorare in fabbrica, ma di consentire a Zacchi di accedere all’azienda con qualunque mansione, anche in vista delle prossime elezioni della rappresentanza sindacale. Attendiamo la decisione del giudice».

«Pedinare una rsu non è una modalità che favorisce il dialogo fra sindacati e aziende, com’è successo nel caso del nostro Augustin Breda», rincara Enrico Botter, segretario provinciale Fiom Cgil, «Se c’è stata una sentenza, è dovere dell’azienda reintegrare Zacchi».

Resta un fatto: Franco Zacchi viene pagato senza lavorare da nove mesi. Chiede solo di poter lavorare e di rimettere piede nello stabilimento dell’azienda che lo paga per non fare nulla. «Mi mancano sei anni per poter andare in pensione, e non ho la minima idea di quali siano le intenzioni della proprietà», commenta amaro l’operaio.
 

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