Camorra: i Casalesi volevano Treviso Calcio. Il capoclan:una società con Corvezzo

Nell’inchiesta dell’Antimafia l’intercettazione choc. A pagare l’iscrizione alla federazione fu il cugino di uno dei sodali
BOLOGNINI TREVISO STRISCIONE CONTRO CORVEZZO ALLO STADIO TENNI
BOLOGNINI TREVISO STRISCIONE CONTRO CORVEZZO ALLO STADIO TENNI

TREVISOIl nome di Renzo Corvezzo, imprenditore trevigiano ed ex presidente del Treviso Calcio non compare solo una volta nella maxi inchiesta sulla camorra di Eraclea. Il nome ritorna chiamando in causa, oltre al traffico di lire scadute con la Serbia di cui il nostro giornale ha dato conto sabato, anche la società biancoceleste, lo stadio Tenni e il calcio trevigiano. Su quello volevano mettere le mani i Casalesi di Eraclea, e in quello – stando alle carte dell’inchiesta – sono riusciti ad entrare grazie a Corvezzo. A svelarlo il boss del clan di Eraclea, Luciano Donadio, intercettato.

«Siamo in società». Siamo negli anni della presidenza Corvezzo, quindi tra 2010 e 2012. I Casalesi di Eraclea si stanno ramificando sempre più nel litorale e puntano all’entroterra con tante iniziative diverse, finanziarie soprattutto. E nei campi più disparati. A gestire molti agganci è il trevigiano Marco Donati, bancario e oggi indagato. Luciano Donadio, capoclan del gruppo di Eraclea (oggi in carcere), è interessato all’acquisto delle quote della società e Donati lo invita ad essere prudente: «Perchè la società è già fallita due volte e le carte sono appena arrivate».

Quali carte? Quelle per il contratto di affidamento dello stadio da parte del Comune. «La Società Sportiva è fatta di tre soci» spiega Donati a Donadio, «lui (intendendo Corvezzo, ndr) suo figlio e un pensionato, ok.. lui ... per carità ha le sue terre, ha le sue cantine...tutto quello che vuoi ma c'ha anche una montagna e mezza di debiti...».

E poi aggiunge: «Ecco perchè ti dico stai all'occhio, finchè non fanno la srl... tu, ripeto, soldi non ne sganci, non tirarne fuori prima». Donati non sa di essere intercettato, e non lo sa nemmeno Donadio quando, in un’altra occasione, mette sul piatto l’affare fatto.

L’occasione è la telefonata con un altro sodale dell’organizzazione con il quale Donadio si felicita di essere riuscito a ristabilire i rapporti con Donati, che era stato allontanato dal Banco di Brescia (per le operazioni sospette fatte in favore delle società riconducibili ai Casalesi) ed aveva trovato lavoro in un altro istituto del trevigiano.

«L’entusiasmo di Donadio derivava anche dal fatto che l’attuale incarico di Donati gli avrebbe permesso di eseguire diverse operazioni» sottolineano gli inquirenti. E infatti Donadio, intercettato al telefono col sodale, non trattiene la felicità: «Se lui (Donati, ndr) sta lì dentro, ti rendi conto che se abbiamo bisogno di fare operazioni con il calcio, con la società che abbiamo messo in piedi con Corvezzo, riusciamo anche ad avere tutto..?».

Corvezzo non indagato. Donadio millanta? Di certo l’intercettazione allunga un’ombra nera sulla società che tempo tre anni andrà gambe all’aria mancando l’iscrizione al campionato di Seconda Divisione e finendo in liquidazione a casse vuote. Renzo Corvezzo non è indagato nell’ambito dell’indagine della Procura di Venezia, questo va sottolineato, ma agli atti la Distrettuale antimafia lega spesso il suo nome a quello degli esponenti del clan cui avrebbe dato il suo «apporto esterno» anche in termini di «know how oltre che dei collegamenti con gli intermediari indispensabili».

Chi pagò? Ma le intercettazioni contenute nel faldone dell’inchiesta dell’Antimafia svelano altri dettagli choccanti sul caso Treviso Calcio. A parlare ancora le intercettazioni degli uomini del clan casalese di Eraclea, ed ancora una volta il trevigiano Donati che spiega a Donadio come «l'iscrizione del Football Club Treviso...alla federazione..sai chi l'ha pagata?... Non l'ha mica pagata il Presidente..l'ha pagata..l'ha pagata il cugino di Christian (si riferisce a Christian Sgnaolin, un affiliato, arrestato nell’ambito dell’indagine)». 

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