Ativole. Velo, un milione di euro agli ex dipendenti

ALTIVOLE. La rinuncia era stata pesante: oltre un milione di euro, diviso tra le tasche di una quarantina di dipendenti. Speravano davvero che il sacrificio sarebbe servito per salvare il proprio posto di lavoro: niente liquidazione del trattamento di fine rapporto né delle ferie non sfruttate, in cambio della garanzia della continuità aziendale e del mantenimento del proprio posto di lavoro.
Tutto grazie a un passaggio dalla “bad company”, ovvero la Velo travolta dai debiti, a un paio di nuove società che sarebbero dovute subentrare in affitto. Solo che poi il fallimento (2013) e la vicenda giudiziaria che ha squassato la Velo hanno travolto tutto e fatto saltare anche la sperata continuità aziendale, e così i lavoratori si sono trovati a mani vuote: niente lavoro e niente Tfr né crediti ai quali avevano rinunciato.
Non si sono arresi, però. Hanno fatto ricorso, e hanno vinto in primo grado in tribunale a Treviso. La curatela fallimentare si è opposta, rifiutandosi di pagare il debito nei confronti dei lavoratori, e ha portato la questione fino alla Corte suprema di cassazione. Nei giorni scorsi è arrivata la pioggia di sentenze (alcune individuali, altre di gruppo) che danno ragione ai lavoratori: quei soldi gli spettano. Motivo: la loro rinuncia ai crediti spettanti non è valida se non si sono concretizzate le condizioni che stavano alla base di quell’accordo, ovvero la continuità aziendale.
La lista dei lavoratori è lunga e le somme sono variabili: c’è chi deve avere poco più di duemila euro, altri invece potranno finalmente ricevere una somma di quelle in grado di dare una svolta alla propria condizione economica (per un paio di loro si parla di cifre superiori ai 90 mila euro, molti altri comunque vanno sopra i 50 mila). Nel complesso, la curatela fallimentare Velo dovrà pagare poco più di un milione.
«La Cassazione ha considerato a tutti gli effetti un contratto quello in cui i lavoratori rinunciavano ai loro crediti in cambio della continuità aziendale – spiega l’avvocato Luca Azzari, che ha seguito un gruppo di lavoratori – Non essendosi concretizzata, quel contratto è sostanzialmente nullo. La curatela sosteneva che la liberatoria di rinuncia firmata dai lavoratori fosse valida, ma la Cassazione ha sposato la nostra tesi».
Ma ci sono, ora, quei soldi? «Sì – spiega l’avvocato Azzari, che ha seguito un gruppo di lavoratori – perché l’azienda ha dovuto accantonarli già dal primo grado di giudizio». A fine 2019, la stessa curatela fallimentare aveva proposto un accordo ai lavoratori: pagamento immediato in cambio di una rinuncia parziale delle somme spettanti. Alcuni hanno accettato, altri sono andati fino in fondo. E ora avranno tutto. —
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