«Allevamento con 6.500 maiali: l’aria è irrespirabile». Proteste a Spresiano

Chiuso da cinque anni, è stato rilevato dalla Milani, azienda con attività a Zero Branco e Porcia. All’interno sono stati portati 6.500 maiali, un allevamento intensivo a due passi dal ristorante, travolto dagli odori dei liquami per lunghe parti della giornata
Federico Cipolla

SPRESIANO. «Sono pronto a difendermi con i denti. Mio padre mi ha lasciato questa attività e la voglio portare avanti come lui avrebbe fatto». Ivano Camerotto si commuove mentre racconta l’incubo in cui è piombato il suo ristorante “Da Domenico”, sulle Grave del Piave, da due mesi a questa parte. Dall’altra parte della strada ha ripreso a lavorare – e a ritmi ben superiori al passato – l’allevamento di maiali.

Chiuso da cinque anni, è stato rilevato dalla Milani, azienda con attività a Zero Branco e Porcia. All’interno sono stati portati 6.500 maiali, un allevamento intensivo a due passi dal ristorante, travolto dagli odori dei liquami per lunghe parti della giornata. Camerotto però ha deciso di non tacere, ha dato mandato ad un legale di difendere il ristorante, ha chiamato a raccolta i cittadini, il Comune e Legambiente. Il primo risultato è un ricorso d’urgenza, firmato dall’avvocato Alessandro Bozzone, con cui si chiede al tribunale di bloccare l’attività fino a quando non saranno poste in essere adeguate misure di mitigazione (il 31 maggio l’udienza).

«Non si può lavorare in un ristorante con questi odori, ancor più che dobbiamo lavorare solo all’aperto. Quest’anno, dopo tutto quello che è accaduto abbiamo venti matrimoni prenotati, abbiamo paura che disdicano le prenotazioni», si sfoga Camerotto. La porcilaia sulla grave del Piave, è attività ormai insediatasi nella fine Anni 60, ma la Lazzarin l’ha chiusa cinque anni fa. La convivenza non era mai stata critica come in questi due mesi, dopo il passaggio di proprietà. E soprattutto chiusa la Lazzarin, si pensava che la questione fosse risolta. Il comune nel suo Pat ha indicato lo stabilimento come un’area degradata, e non se n’è saputo più nulla fino a quando hanno iniziato a muoversi i mezzi della Milani.

Immediata la levata di scudi del ristorante, e di altre attività accortesi del nuovo arrivo; gli odori si propagano per un raggio di 3 km. «L’azienda è partita con il piede sbagliato, senza dire a nessuno che sarebbe arrivata. Anzi, addirittura portando i maiali di notte», dice il sindaco di Spresiano Marco Della Pietra. «Anche gli incontri che abbiamo convocato per mediare e chiedere di realizzare delle opere di mitigazione non hanno portato a nulla, perché l’azienda non è collaborativa. Ora ho chiesto a Provincia, Arpav e Ulss di fare dei sopralluoghi, sono quasi due mesi che aspetto una risposta».

Coinvolto nella battaglia anche il circolo Piavenire Legambiente, «stiamo parlando di salute pubblica», aggiunge Fausto Pozzobon. «I liquami dei maiali devono essere trattati, e smaltiti in un certo modo. Noi abbiamo già visto che invece restano in superficie sui campi vicino all’azienda, questo significa che il terreno è già pregno. Vicino abbiamo un pozzo di Ats, e verso Salettuol altri due. E’ un’attività incompatibile con questo territorio». —


 

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